STRESS
“Che stress!”, “È un periodo molto stressante”, “Sono davvero stressato!”, “Non mi sento molto bene, sarà lo stress?”:
quante di queste frasi vengono pronunciate quotidianamente?
Il primo ad utilizzare il termine “stress” per indicare le sollecitazioni a cui sono sottoposti gli esseri viventi fu il fisiologo Walter Cannon, negli anni ’20 del Novecento, mutuando il termine dalla fisica, dove indica la pressione esercitata su un materiale per valutarne la durezza. Da allora, la parola “stress” è entrata a far parte del vocabolario comune, complice la vita frenetica che molti di noi conducono.
Sentirsi “stressati” indica generalmente una condizione di stanchezza, fisica e mentale, dovuta a una situazione che mette a dura prova le proprie risorse psicofisiche. Lo stress è quindi per lo più percepito con una connotazione negativa e molti promettono soluzioni miracolose per debellarlo. Ma siamo sicuri che una vita senza stress sia davvero desiderabile? Potete immaginare una vita del tutto priva di stimoli e di attività? Nessun impegno, nessuna sollecitazione, nessun obiettivo da raggiungere: la vita senza stress sarebbe più o meno così e risulterebbe estremamente logorante, al pari dell’eccesso di frenesia!
Da qui deriva l’importanza della distinzione tra “eustress” e “distress”.
Eustress e distress: stress “buono” e stress “cattivo”
“La completa libertà dallo stress è la morte. Contrariamente a quanto si possa pensare, noi non dobbiamo e non possiamo evitare lo stress, ma possiamo andargli incontro in modo efficace traendone vantaggio, imparando di più dai suoi meccanismi e adattando a esso la nostra filosofia dell’esistenza”.
Così affermava Selye, tra i primi studiosi ad occuparsi di stress, nel 1973. Egli descrisse l’insieme delle reazioni dell’organismo di fronte a uno stimolo stressante con il termine di “Sindrome Generale di Adattamento”, indicando una risposta psicofisiologica aspecifica che si manifesta di fronte a stimoli che modificano l’equilibrio dell’organismo e che ha lo scopo di metterlo in condizione di poter gestire i cambiamenti che si verificano nell’ambiente. In maniera più o meno evidente, il cambiamento rappresenta la costante della nostra vita ed è fondamentale possedere meccanismi che ci consentano di ripristinare di volta in volta uno stato di equilibrio.
Esiste uno stress positivo (“eustress”) che sperimentiamo, ad esempio, quando reagiamo con interesse agli stimoli che attirano la nostra attenzione, o quando interpretiamo una difficoltà come una sfida che aumenta la nostra motivazione. Questo tipo di percezione degli stimoli fa sì che lo stato di attivazione generale dell’organismo da essi indotto venga percepito in modo positivo, come qualcosa che fa sentire vivi ed energici e ci porta ad essere attivi e propositivi.
Il rapporto tra stress e prestazione: la curva di Yerkes-Dodson
La curva di Yerkes-Dodson è il risultato di una delle più note ricerche scientifiche sul rapporto tra il livello di stress e la qualità della prestazione ed evidenzia come una certa dose di stress sia funzionale ad ottenere prestazioni elevate. In altre parole, un po’ di stress fa bene! Al contrario, se lo stress è al di sotto di un livello ottimale, variabile per ciascuno di noi, ci sentiamo intorpiditi, annoiati e privi motivazione.
Come avrete notato, nel grafico lo stress viene indicato anche come “arousal”, ovvero il grado di attivazione psicofisica dell’organismo, poiché l’effetto immediato che lo stress ha sul corpo consiste proprio in una generale attivazione psicofisiologica, che lo predispone a prestare attenzione e lo prepara ad intraprendere un’attività.
“Attacco e fuga”: le risposte psicofisiologiche allo stress
Esiste un meccanismo psicofisiologico primordiale di risposta all’emergenza, definito “fight-or-flight response”, che consiste in una complessa sequenza di reazioni fisiologiche che prepara il corpo all’azione. Questo tipo di risposta si è evoluto come una risposta adattativa a stimoli percepiti come una minaccia e risulta ottimale nel predisporre l’organismo all’attacco o alla fuga.
In queste circostanze, l’ipotalamo attiva immediatamente il Sistema Nervoso Simpatico, che induce l’aumento del battito cardiaco e della pressione sanguigna e stimola il rilascio di adrenalina e noroadrenalina nel sangue da parte delle ghiandole surrenali, aumentando il livello di attivazione dell’organismo: i muscoli si contraggono, l’attenzione si fa più focalizzata, il fegato libera zuccheri in vista della necessità di energia.
L’ipotalamo attiva inoltre una risposta ormonale allo stress, più lenta e prolungata, legata al rilascio di glucorticoidi (il cortisolo, “ormone dello stress”), che determinano una maggiore resistenza alla fatica, la soppressione del sistema immunitario e la capacità di accumulare energie.
Nel corso dell’evoluzione, questa risposta si è rivelata positiva ed estremamente adattativa nell’affrontare stimoli che mettono a rischio la vita dell’organismo (ad esempio l’attacco di un predatore) e perciò è stata conservata negli animali e nell’uomo.
Sebbene la “fight or flight response” rappresenti la modalità principale di reazione allo stress, non è l’unica. Talvolta l’organismo può reagire con una risposta di “freezing”, che lo porta letteralmente a “congelarsi”, immobilizzandosi e rallentando il battito cardiaco finché non viene meno il pericolo. Questa reazione è stata ampiamente osservata negli animali, che ricorrono al freezing quando non l’attacco o la fuga di fronte a un predatore non sono attuabili e l’unica possibilità è restare immobili per non essere visti. Negli esseri umani il freezing può manifestarsi in risposta a stimoli sociali di minaccia, ad esempio di fronte a una reazione aggressiva, ed è una risposta che si osserva in risposta a eventi traumatici, come nelle vittime di stupro.
Un’ulteriore modalità di reazione allo stress è definita “tend & befriend”, letteralmente “prendersi cura e aiutare” (Taylor et al., 2000). Questa risposta, osservata prevalentemente negli individui di sesso femminile, consiste nel mettere in atto comportamenti prosociali e di affiliazione, finalizzati a proteggersi da un potenziale pericolo attraverso la protezione che un gruppo sociale unito può offrire; si tratta di un comportamento mediato dall’ossitocina e dagli estrogeni, alternativo alla risposta di attacco e fuga ed estremamente adattativo per garantire la sopravvivenza della prole di fronte a un pericolo.
Stress: quando diventa un problema?
I problemi insorgono quando lo stress è eccessivo e l’organismo non è in grado di rispondere in maniera adeguata o esaurisce le proprie risorse perché ripetutamente esposto a fattori stressanti o perché si confronta con un evento acuto particolarmente destabilizzante. Esiste poi uno stress da mancanza di stimoli: così come accade alle tigri nello zoo, anche noi ci sentiamo intorpiditi e frustrati se non riusciamo a individuare nuovi obiettivi, a sfruttare le nostre capacità o a provare interesse per la vita che conduciamo.
Alcuni sintomi psicologici tipici imputabili allo stress sono i seguenti.
Ansia
Rabbia e aggressività
Apatia e umore depresso
Affaticamento cognitivo
Quando lo stress è cronico, le modificazioni dei parametri fisiologici che induce possono determinare disturbi fisici quali ulcere, ipertensione e malattie cardiache, compromettendo anche il sistema immunitario. Lo stress può inoltre favorire l’adozione di comportamenti che mettono a rischio la salute, quali il fumo, l’eccessivo consumo di alcool, la sedentarietà e la scarsa cura dell’alimentazione.
Persone che vivono situazioni traumatiche, nelle quali sperimentano un rischio per la sopravvivenza propria o altrui, possono inoltre sviluppare un Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD), caratterizzato da pensieri e immagini intrusivi relativi all’evento vissuto, tendenza ad evitare tutto ciò che potrebbe ricordarlo e uno stato di iperattivazione fisiologica.
Che cosa ci stressa?
Gli eventi potenzialmente stressanti sono numerosissimi; secondo la nota “scala degli eventi di vita” di Holmes e Rahe (1967), ai primi posti troviamo diversi tipi di lutto (la morte di un figlio, del coniuge, di un familiare stretto, la rottura di relazioni affettive importanti, la perdita del lavoro), ma anche condizioni di malattia, relazioni conflittuali, insuccessi e difficoltà scolastiche possono essere fonti stress, così come alcuni eventi positivi: il matrimonio, un trasloco, la nascita di un figlio, una promozione sul lavoro.
Si tratta di eventi che comportano cambiamenti importanti e richiedono un certo grado di adattamento oltre che un cospicuo impiego di energie, fisiche o mentali. Inoltre, anche fattori interni, quali pensieri, emozioni e sentimenti possono essere fonte di stress: si pensi ad esempio a una condizione di dolore, di paura, a uno stato di preoccupazione o a un’importante scelta di vita da compiere.
È importante sottolineare che ognuno di noi è diverso e ciò che una persona vive come una grande fonte di stress, potrebbe non esserlo o esserlo in misura minore per un’altra: molto dipende da fattori individuali quali, ad esempio, la personalità, il modo peculiare di interpretare gli eventi e di reagire ad essi, il contesto socio-culturale in cui si vive e la rete di relazioni in cui si è inseriti.
Gestire lo stress: l’intervento psicologico strategico
Considerando l’ampio spettro di eventi che possono determinare una condizione di stress difficile da gestire e la variabilità individuale nel reagire alle situazioni stressanti, è difficile ipotizzare un “protocollo anti-stress” adattabile a qualsiasi persona e in ogni situazione!
Di fronte a una persona che riferisce una sintomatologia riferibile allo stress o che sperimenta un disagio legato allo stress, il primo passo consiste nel definire il problema in modo accurato, individuando ad esempio le situazioni di maggior difficoltà (cosa? come? dove? quando? chi?) e le strategie o i comportamenti adottati dalla persona per farvi fronte.
L’intervento psicologico utilizzerà tecniche differenti a seconda che lo stress scaturisca da relazioni conflittuali sul luogo di lavoro, da pensieri di tipo ossessivo, da una fobia, dalla difficoltà a prendere una decisione importante, dalla difficoltà ad affrontare gli esami universitari, da un evento traumatico o dalla relazione di coppia, solo per citare alcune delle problematiche che si presentano con maggior frequenza.
L’obiettivo sarà quello di guidare la persona verso lo sviluppo di strategie funzionali alla risoluzione del problema o alla gestione della situazione percepita come fonte di stress, recuperando una condizione di benessere. Esistono comunque delle indicazioni generali utili a preservare e a promuovere uno stato di benessere psicofisico: